Bussi Officine

La gola di Tre Monti con le prime fabbriche di Bussi Officine

Già dai primi decenni del novecento Bussi veniva annoverata come prima -e, per lungo tempo, unica- città operaia abruzzese. Gli albori dell'insediamento industriale nella valle di Bussi, sulle sponde del fiume Tirino, risalgono al 1898 quando, la società Franco-Svizzera "Elettrochimica Volta" iniziò i rilievi per la derivazione del fiume per le centrali idroelettriche per ottenere energia con la quale realizzare impianti elettrochimici e produrre prodotti chimici di base. A quei tempi, nella piana di Bussi Officine c'era solo il mulino De Stephanis, mulino che, allargato e migliorato, ospitò la prima turbina da 50 Cv che azionava una dinamo a corrente continua, alimentante principalmente sia l'illuminazione dei cantieri sia le macchine che realizzavano le fondamenta per le officine e i fabbricati industriali.

La presenza del fiume e la felice posizione logistica a ridosso della strada Tiburtina e della linea ferroviaria Pescara-Roma (una delle più antiche d'Italia), furono i motivi dell'installazione della fabbrica. I contadini abbandonarono la terra, gli artigiani il proprio mestiere e in poche settimane divennero operai. Con una delibera comunale del 1902 fu ceduto il sottosuolo comunale occupato dal canale in galleria per la derivazione del fiume Tirino, senza alcun tipo di pagamento poiché procurava lavoro al popolo di Bussi. Il primo fischio di sirena del 2 Agosto 1902 dette il segnale di inizio delle attività produttive con l'avvio dell' Iimpianto di Elettrolisi del Cloruro di Sodio, primo in Italia. Il raccordo ferroviario consentiva l'agevole spedizione dei prodotti: Soda caustica liquida e solida, Cloruro di Calce, Ipoclorito di Sodio, Idrogeno, Acido Cloridrico ottenuto da Cloro gas.

1907: Produzione Elettrochimica dell'Alluminio

La produzione dei prodotti crebbe velocemente contestualmente alla produzione della fabbrica di Piano D'Orta, della quale oggi rimangono solo i reperti di archeologia industriale; la gamma comprese il Clorato di Sodio, il Cloro Liquido, il Tetracloruro di Carbonio, il Cloruro di Zolfo e il Solfuro di Carbonio tanto che in quel periodo entrò in funzione l'impianto per la produzione di Ferro-Silicio. Nel 1907 Bussi rappresenta la prima produzione in Italia dell'Alluminio con il metodo Elettrochimico, utilizzando la Bauxite di Lecce dei Marsi (AQ). Gli eventi bellici della Prima Guerra Mondiale comportarono molte ripercussioni sui due siti e gli stabilimenti furono rapidamente covertiti alla filosofia della guerra: Piano D'Orta per il ruolo dell'Industria Pesante (alimentazione acciaierie per fusione cannoni e bombarde); Bussi per il Ferro-Silicio (corazze per le navi), Clorati (per esplosivi), Fosgene (da Tetracloruro di Carbonio per gas asfissianti), Ioduro e Cloruro di Benzile (gas irritanti e lacrimogeni), Acido Benzoico (irritanti).

Nel dopoguerra ci fu un periodo di declino delle attività di Bussi Officine ed un incremento in quelle di Piano D'Orta. Dopo poco tempo però, Bussi torna protagonista nel panorama della chimica nazionale con due parole d'ordine: Idrogeno e Azoto. L'Idrogeno veniva inviato al Genio Areonautico per il volo dei dirigibili. Da Bussi veniva l'Idrogeno che permise al dirigibile "Norge" e al comandante Nobile di raggiungere il Polo Nord. La sintesi dell'Azoto, ad opera dell'ingegner Giacomo Fauser e del dottor Luigi Casale che brevettarono metodi originali, permise all'industria nazionale di ottenere un gran numero di prodotti da un numero ridotto di elementi di base. L'Azoto fu innalzato a simbolo, frutto del "genio italiano" e delle risorse nazionali, poiché da esso derivavano sia i concimi azotati che gli esplosivi, fattori cruciali per la crescita dell'economia e della difesa.

Il punto di svolta per il destino e la storia di Bussi Officine è l'incontro a Novara, nella primavera del 1921, tra l'ingegner Guido Donegani (Presidente del Gruppo Montecatini) e il giovane ingegner Giacomo Fauser che, insieme ad Ettore Conti, diedero vita alla "Società Elettrochimica Novarese". È fuori discussione che la Montecatini, direttamente o tramite società da essa controllate, sia stata l'azienda che, con un disegno strategico globale, abbia influito in maniera decisiva sul destino e la storia sia di Bussi Officine che dell'industrializzazione dell'Alta Val Pescara. Nel 1929 l'Azienda controlla 44 società, dà lavoro a 18.000 operai, produce l'80% delle Piriti Italiane, il 55% dell'Acido Solforico, il 62% dei Perfosfati, il 65% del Solfato di Rame, poco meno dell'80% dell'Acido Citrico e il 66% dei Concimi Azotati.

Villaggio operaio di Bussi Officine nel 1934

Ai dipendenti di Bussi Officine fu riservata un'attenta politica aziendale, finalizzata ad aumentare la produttività ed a promuovere l'intesa tra direzione e dipendenti, senza pensare (a quei tempi non vi era questa coscienza) ai disastri ambientali e alle morti premature che la catena di produzione chimica innescava. A tal fine, migliorando un indirizzo già presente negli aggregati industriali europei, la Montecatini promosse tutti quegli aspetti che potessero educare il dipendente all'etica del lavoro e ai valori sociali: con l'educazione al lavoro e alla prevenzione degli infortuni, con la creazione di alloggi sociali, garantendo loro assistenza sanitaria e sociale, curando l'educazione dei figli dall'asilo nido alle colonie, dalle scuole dell'obbligo alle professionali e, con la realizzazione del dopolavoro e degli spacci aziendali, rendere le fabbriche luoghi d' aggregazione, in cui poter godere di ulteriori benefici di natura economica, con ciò rafforzando le finalità aziendali ed operando (siamo nel ventennio fascista) il totale controllo politico del personale addetto alla Fabbrica.

Il villaggio operaio di Bussi Officine fu completato nel 1926, le abitazioni si trovavano all'entrata principale della Fabbrica. Bussi Officine era per quei tempi un "oasi felice" . Gli abitanti del paese guardavano con una certa invidia i residenti del villaggio intorno alla fabbrica. C'erano le famiglie dei dirigenti e del personale che occupava posti di responsabilità, il livello culturale e l'educazione erano superiori alla media, nelle case c'era l'acqua, la corrente e perfino qualche vasca da bagno, la sala cinematografica aziendale (tra le prime d'Abruzzo), il circolo, il dopolavoro, i campi da tennis. Tutto gratis. La vita del villaggio era scandita dal suono della sirena, come un riferimento, il segnale orario dei vari momenti della giornata. Era anche un motivo di angoscia perchè annunciava incidenti avvenuti in Fabbrica o segnalava fughe di gas e vapori tossici per allertare gli abitanti.

La stessa sirena che diede il via alle produzioni dava anche lo stop alla vita come nel 1928, allertando per l'esplosione di un gasometro di Acetilene; nel 1930 per avvisare dell'incendio del gasometro a Idrogeno con conseguente evacuazione degli abitanti di Bussi Officine e di Bussi Paese; nel 1935, per lo scoppio di un serbatoio di Cloruro (2 morti); nel 1938, a causa dell'esplosione del reparto A.T.D. (2 morti); nel 1954 per il grave incidente da Cloro con la fuoriuscita di 3-4 tonnelate di sostanza con molti intossicati da esalazioni tra cui la maestra Lola Di Stefano che morì in conseguenza del cloro respirato per mettere a riparo i suoi allievi. Scrive Pino Greco: "Bussi Officine è sparito in quattro e quattr'otto. Come era sorto.  Niente tetti sprofondati e finestre sbilenche a sbatacchiare sui muri scrostati. Niente frugare lamentoso del vento fra ruderi e siepi polverose. In giro nessuna traccia di antiche convivenze, di socialità scomparse. Al loro posto, dopo le ruspe, i riquadri allineati di un parcheggio. Come dire : ottimizzazione dello spazio a servizio di una struttura produttiva".

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